MUSEI CIVICI - QUALE FUTURO

MUSEI CIVICI - QUALE FUTURO

mercoledì 30 ottobre 2013

MUSEI CIVICI A MODENA

Musei civici a Modena

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Patrizia Curti
Italia Nostra - Sez. di Modena

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La sezione  di Italia Nostra  di Modena  aveva invitato a parlare le direttrici dei musei, ma impegni sopravvenuti hanno loro impedito di essere presenti.  Sarò quindi io, su designazione concordata tra loro e la curatrice del convegno, a riferire sulla situazione modenese.
I Musei Civici  di Modena parlano della cultura materiale e delle arti legate alla città e al territorio, ma raccontano anche la storia della museografia ottocentesca attraverso un esempio vivente  particolarmente significativo. Sono ubicati al secondo piano del Palazzo dei Musei edificato tra il 1764 e il 1771 per volere di Francesco III d’Este. Originariamente sede dell’Arsenale Ducale, fu poi trasformato, su progetto dell’architetto Pietro  Termanini,  in un primo tempo in Albergo dei Poveri, poi in Albergo delle Arti. Qui  sono riuniti tutti gli istituti culturali della città (in virtù di una lungimirante convenzione del 1880 tra Stato e Comune, approvata con legge del Parlamento) : l’Archivio Storico Comunale,la civica Biblioteca di Storia dell’Arte Luigi Poletti ,il Museo Lapidario Romano dei Musei Civici,la Biblioteca Estense ,la Galleria Estense e il  Lapidario Estense.
I musei civici, nati  nel 1871, appartengono a quelle istituzioni museali  pubbliche sorte negli anni immediatamente successivi all’unità d’Italia  con l’intento di “ accogliere e conservare tutto quanto interessi l’intera popolazione”(Carlo Boni), pur essendo le prime raccolte costituite da reperti archeologici provenienti dallo scavo delle “terramare” di area padana.  A metà anni Settanta una sezione di etnografia extraeuropea venne a completare le raccolte preistoriche favorendo la comparazione tra i popoli primitivi attuali e quelli del passato, mentre già iniziava a definirsi il profilo delle raccolte più propriamente artistiche grazie alle donazioni dell’aristocrazia locale e a opere provenienti dal territorio. A Boni succede alla guida del museo l’archeologo Arsenio Crespellani, poi  Luigi Alberto Gandini(1900-1906),  che lo riordinò dando ad ogni sala una destinazione precisa e il carattere di “spazio arredato”, l’assetto espositivo che in larga misura conserva e che costituisce un nostro vanto. Con Matteo Campori(1913-1933) si concluse la fase di formazione storica del museo: erano entrate la collezione di armi Coccapani Imperiali, quella di tessili antichi del Gandini, quella di strumenti musicali del Valdrighi e lo stesso Campori aveva donato al Comune la prestigiosa quadreria e il palazzo di famiglia (poi distrutto 1944).
A inizio anni Sessanta il museo è stato diviso in due settori strettamente collegati:Museo Civico Archeologico Etnologico e di Storia e Arte Medievale e Moderna con due diverse direzioni scientifiche.Nella seconda metà del Novecento è avvenuto  un grande incremento delle raccolte che documentano gli sviluppi della cultura figurativa modenese tra Otto e Novecento in virtù di varie donazioni(basti fare  il nome di Graziosi le cui opere daranno origine alla  Gipsoteca sistemata a piano terra del Palazzo).
Nel 1990, dopo un periodo di chiusura, i modenesi hanno ritrovato il loro museo aggiornato nel percorso espositivo e rivisto nei criteri conservativi, ma conservato nella facies  ottocentesca,  rara e preziosa testimonianza museografica.  Gli osservatori critici più esigenti hanno lodato il risultato ottenuto dall’architetto Franca Stagi, figura di spicco in Italia Nostra, che ha curato il restauro operando in accordo  con le direzioni del museo. Non solo sono  stati confermati  lo storico insediamento e l’originario allestimento, ma sono stati  vitalizzati da un rigoroso restauro che non si esibisce, ma si intuisce molto  impegnativo.
Quando avvenne la riapertura si pensava che il processo di crescita e sviluppo sarebbe stato rapido. Il progetto infatti  da subito  prevedeva  l’espansione del museo ( che nel frattempo continuava a ricevere lasciti) e di tutti gli istituti culturali ospitati nel Palazzo nella parte retrostante del fabbricato occupata all’epoca  -destinazione incongrua-  dall’Ospedale Estense, per il quale era già previsto il trasferimento in un  nuovo polo  “fuori porta”, a Baggiovara. Dal punto di vista architettonico la parte occupata dai musei e quella che ospitava l’ospedale  costituiscono un unicum, quindi era stata preventivata  l’acquisizione per i musei civici dell’intero secondo piano dell’immobile ospedaliaro  e la creazione di un percorso ad anello articolato in una superficie di quasi 3000mq. Il progetto di espansione  è stato improvvisamente sospeso  nel momento in cui è stata offerta  l’ospitalità  a due istituti del Palazzo (Biblioteca Estense e Biblioteca Poletti ) dalla locale  fondazione bancaria nell’edificio di fronte, di sua proprietà, il settecentesco Ospedale Sant’Agostino dove ora sorgerà un grande polo culturale incentrato sulla piazza.Per i musei civici quindi  è intervenuto  un ripensamento complessivo che ha tra l’altro comportato il “non riallestimento” del  Museo del Risorgimento.
Dal 2007 è stato tuttavia  intrapreso un progetto definito” a breve termine” con il completamento della collezione Gandini (prima esposta solo in parte) , la revisione del percorso archeologico  con l’esposizione  dei rinvenimenti degli ultimi anni, il rinnovamento del punto di accoglienza, la realizzazione di nuove guide e audioguide.
Il progetto a breve termine ha compreso poi le prime concrete acquisizioni di nuovi spazi nell’ala nel frattempo lasciata libera dall’Ospedale Estense inaugurando nel 2009 una sala,contigua a quella destinata alla collezione Matteo Campori, la sala dedicata al collezionista Carlo Sernicoli, commercialista modenese che ha donato nel 2007 la sua raccolta di dipinti e di argenti, un atto di fiducia che rafforza nei musei civici la consapevolezza di avere saputo  mantenere nel tempo uno stretto rapporto con la città e i suoi abitanti.
Nel 2011 è stata poi acquisita la sala contigua per piccole mostre temporanee che prima si svolgevano nelle sale espositive creando sovrapposizioni con l’allestimento permanente (Modena utilizza  il  Foro Boario per grandi mostre, che però dovrebbe essere riservato all’espansione della Facoltà di Economia  dall’Università).  Di recente, nel 2013, un’altra sala, prima destinata a uffici e ambulatori dell’ospedale, è stata inglobata e destinata a incontri e laboratori.Non è stato necessario modificare nè la struttura nè i volumi dell’antico complesso:sono state mantenute la conformazione originaria e l’unitarietà storica dei grandi ambienti del palazzo demolendo solo alcuni tramezzi degli anni Settanta. Pareti mobili consentiranno di dividere la sala a seconda delle esigenze e degli eventi mentre illuminazione con luci led  serviranno a risparmiare energia e a  tutelare le opere. Per le nuove sale incamerate, non essendoci risorse per pagare  personale  per  la   custodia e l’assistenza , è stata fatta una convenzione con i volontari del Touring, soluzione che consente l’apertura e che contemporaneamente fa riflettere con amarezza sul fatto che i benemeriti e indispensabili  volontari del Touring occupino posti a cui  tantissimi giovani anelerebbero, avendone le carte in regola . Che dire?
Quanto all’attività dei musei rivolta al pubblico  il  programma, molto  bello, è attuato, come sappiamo,  con disponibilità economiche limitate grazie alla passione, alla competenza, alla fantasia delle direttrici e dell’eccellente gruppo di collaboratori: approfondimenti collegati al patrimonio del museo, piccole mostre (intelligenti e “pensate”), moltissimi  incontri per far conoscere il museo a un pubblico sempre più vasto e assai diversificato.  Non solo la conferenza tradizionale, ma anche “ parole,immagini,musica”, incontri interculturali multietnici (il patrimonio serve a costruire la cittadinanza), incontri tra arte e musica con i giovani, progetti europei legati alle scuole, sottoscrizioni pubbliche per nuove acquisizioni, oltre a una eccellente didattica.
Le iniziative  rivolte alla città; sempre seguite da un folto pubblico, fanno conoscere ciò che all’interno dei musei si conserva, si studia, si restaura e si valorizza. Infatti, nonostante le risorse limitatissime, si continua a studiare il patrimonio(nuovi cataloghi) e a tutelare (restauri realizzati grazie a sponsors privati ), ma  senza la possibilità di  prospettive  di programmazione di lungo periodo. Dai progetti europei in corso emerge che gli altri paesi non hanno vincoli così forti, procedure  altrettanto complicate, lacci e lacciuoli e burocrazia altrettanto complessa.
In conclusione nell’ apprezzare le attività e le  iniziative dei musei civici modenesi, la loro presenza”forte”nella vita culturale della città, che ne caratterizza la storia fin dalle origini nel  rapporto di immedesimazione con il Comune,  non si può non dolersi del fatto che non possa esserci una strategia di ampio respiro e che competenza e dedizione degli operatori e  generosità di sponsors privati siano oggi gli elementi fondanti. Alla luce di tutto ciò porrei un interrogativio per il dibattito, anche in relazione agli interventi della mattinata:come potere quanto meno  andare verso una semplificazione dei procedimenti formali in tema di gestione dei musei?  Istituzioni peraltro storicamente integrate nel corpo dell’amministrazione comunale e ad esso strettamente legati in un rapporto di immedesimazione che siamo convinti non  debba venir meno.


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